World War Zero

Convenzionalmente la storiografia classifica la Grande Guerra come il primo conflitto mondiale. Questa guerra venne definita mondiale proprio per l’estensione planetaria dei suoi teatri bellici. Le radici stesse del conflitto risiedono in uno scenario antecedente che prende le mosse dalle politiche imperialiste di paesi come Regno Unito, Italia o Giappone. Infatti, sin dal primo decennio del Novecento, queste potenze coloniali gettarono le basi di una situazione geopolitica fertile per il germogliare del confronto militare su scala globale.

È impossibile modificare la percezione storica di miliardi di persone, tuttavia, come disse anche Winston Churchill, la Grande Guerra del 1914 non detiene il primato di primo conflitto mondiale.

 

Un’altra guerra, altrettanto sanguinosa, ha il ruolo di progenitore dei conflitti mondiali: la Guerra dei sette anni.

 

Combattuta tra il 1756 e il 1763, fu una delle guerre più cruente di tutto il XVIII secolo nonostante il tentativo illuminista di allontanare le popolazioni civili dagli orrori degli eventi bellici. Il conflitto lasciò dietro di sé un milione di morti circa, numero che, rapportato alla densità demografica e alle tecnologie militari dell’epoca, ha ragione di competere, in proporzione, con le vittime della Grande Guerra.

 

Se poi si prendono in considerazione gli attori del conflitto, emerge immediatamente il carattere transcontinentale dell’evento bellico: Gran Bretagna, Francia, Russia, Svezia, Spagna, Portogallo, Sacro Romano Impero della nazione tedesca (con ruolo prevalente per il Brandeburgo-Prussia, lo Stato Asburgico e l’Elettorato di Sassonia), le signorie indipendenti del sub-continente indiano e i popoli indiani di Canada e Nord America.

 

La Gran Bretagna e la Francia, i due principali pretendenti dei mercati coloniali divenuti ormai globali, costituirono il collante che legò i campi di battaglia europei a quelli nord-americani, indiani, caraibici e africani.

 

A complicare la situazione si inserirono i due grandi paesi germanici dell’Europa centrale dell’epoca: la Prussia, che stava ultimando con rapidità la sua ascesa come potenza europea riconosciuta, adottando una struttura statale fortemente militare e una politica estera volta inevitabilmente all’espansione territoriale; l’Austria-Ungheria, governata da Maria Teresa e Francesco I, che alla metà del XVIII secolo si stava ponendo sempre più in contrasto con la Prussia. Il timore austroungarico per una crescita egemonica prussiana senza freni, l’ingresso di questa nuova potenza nel sistema di stati europei, la questione aperta sulla Slesia e la contea di Glatz, compromisero in breve tempo i rapporti tra i due paesi, già abbastanza contrapposti per confessione religiosa, politica estera, strutture statali e sovrani.

 

La storiografia tende ad attribuire a Federico II di Prussia, il Kaiser, la maggior parte della responsabilità di questo conflitto. Dalla sua corrispondenza di guerra emerge infatti la sua personale interpretazione di tutta l’iniziativa bellica, descritta sostanzialmente come una guerra di difesa dall’Austria. 

 

Sembra una versione abbastanza plausibile visto che il Kaiserda tempo ormai era venuto a conoscenza degli accordi segreti e dei mutamenti di alleanze che stavano avvenendo alle sue spalle in Europa nonostante gli anni di pressioni nei confronti di Maria Teresa d’Austria affinché non aggredisse la Prussia. La vaghezza delle risposte ricevute dai vicini austroungarici lo costrinse dunque a optare per l’invasione della Sassonia, elettorato neutrale immediatamente a sud della Prussia, e ad avviare una guerra “imperiale” contro di sé.

 

Alla fine del XIX secolo vennero però riesumati i testamenti politici di Federico II, all’interno dei quali egli stesso sembrò ragionare su velleitari desideri di annessione della Sassonia: era il 1752, ben quattro anni prima dell’inizio del conflitto. Ecco come crollò l’alibi dell’iniziativa prussiana, svelando la sua connotazione puramente aggressiva, volta esclusivamente alla conquista.

 

Lo stesso Federico II pensò a una campagna breve e decisiva per bloccare l’azione avversaria, anche se in realtà ne scaturì una guerra difensiva dove già assicurarsi lo status quo divenne una grande vittoria, proprio come accadde agli italiani sul fronte orientale nella Grande Guerra. Sembra che all’inizio del Novecento molti di coloro che avrebbero dovuto tenere a mente la lezione si siano dimenticati di questa Guerra dei sette anni e dei modi in cui è stata scatenata.

Esposizioni a confronto
Uno dei quadri della personale di Carla Bruschi
"Un'inquieta sernità del visibile", la mostra curata dal Critico d'Arte Lorenzo Bonini alla Umanitaria di Milano
Paesaggio N.8, acquarello su cartoncino, 36x51 cm, 2015
Tanto più forte l'arte imita la vita, quanto più forte la vita imita l'arte.
danseur blanc I, pastello bianco su cartoncino 35x50, 2016, Canosso
La bellezza di un corpo, che innocente, balla al chiaro di luna
Dimensioni 24x32 cm, acquarello su carta, 2013.
Una mostra per ricordare l'arte e l'impegno del pittore e poeta recentemente scomparso, Giovanni Torres La Torre
La ripresa delle attività è una liberazione
Giornata dei lavoratori.
Il settimo appuntamento del