Fiume

Perfetta per chi ricerca un pizzico di cultura durante le vacanze estive, Fiume possiede tutte le caratteristiche necessarie per garantire ai turisti il giusto relax, ma anche un ampia scelta di musei, edifici e mostre da visitare. Detta Rijeka in croato, è uno dei più importanti porti della Croazia ed è famosa per le sue spiagge, le chiese e i suoi castelli. La città fece parte dell’Impero asburgico e questo favorì la sua crescita a livello culturale e artistico.

Tutt’ora si respirano le atmosfere austro-ungariche, infatti, passeggiando per il Korzo, la zona pedonale in cui un tempo sorgevano le mura, sembra di essere stati catapultati a Vienna: lo stile austero e imperiale degli edifici, i bar e i negozi, ricordano moltissimo la capitale austriaca. Da non perdere assolutamente è la visita al castello Trsat: posizionato su un’altura, offre una vista mozzafiato sull’intera città.


Impossibile non rimanere affascinati dalla Cattedrale di San Vito, unico esempio di architettura barocca in tutta la Croazia. Il simbolo di Rijeka è la Torre Civica. In passato costituiva l’ingresso alla città fortificata, ma dopo il terremoto del 1750, essendo stato uno dei pochi edifici a non crollare, gli Asburgo la decorarono con lo stemma imperiale e i busti degli imperatori, proclamandola emblema della città. Data la vicinanza con l’Italia vi è una massiccia presenza di cittadini di nazionalità italiana. Nei primi anni del Novecento, più della metà degli abitanti aveva come lingua d’uso l’italiano. Per questo motivo, alla conclusione della Prima guerra mondiale, parte dell’opinione pubblica del nostro paese chiedeva a gran voce che Fiume venisse annessa all’Italia, richiesta che venne negata dalle potenze vincitrici del conflitto durante la Conferenza di Parigi.


Questa privazione fece insorgere in tutt’Italia un sentimento nazionalista e la “Questione di Fiume” era sulle prime pagine di tutti i giornali. Tra i propugnatori più vivaci ci fu Gabriele D’Annunzio che, insieme ad alcuni sostenitori, partì alla volte di Fiume e la dichiarò italiana, strappandola al regno di Jugoslavia.


L’impresa non venne ostacolata, ma anzi sempre più “legionari” aderivano alla causa: da circa trecento aumentarono fino a diventare più di cinquemila. Il governo italiano però non vedeva di buon occhio questo colpo di mano, poiché violava gli accordi presi con gli alleati.


Nel 1920, il neo capo del governo Giovanni Giolitti e la Jugoslavia firmarono il Trattato di Rapallo, in cui veniva riconosciuta Fiume come città libera e D’Annunzio e suoi vennero intimati a lasciare la città. Questi però rifiutarono e l’esercito italiano fu costretto ad attaccarli e quindi a sconfiggerli. Dopo circa due anni di reggenza, i “legionari” furono costretti alla resa.


L’Impresa di Fiume mostra come l’Italia, sebbene martoriata e afflitta dal Primo conflitto mondiale, abbia trovato la forza e la volontà di battersi al fine di riunire la propria nazione sotto lo stesso Stato e che il desiderio di riabbracciare i propri conterranei superava le decisioni imposte dai paesi vincitori della guerra.


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